. Un film con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak
Come in un gioco di specchi si parla di LORO per parlare di LUI.
Loro, come pecore (così inizia il film) inebetite e condizionate (il condizionatore) davanti a uno schermo che proietta ad oltranza i tipici programmi Mediaset: quiz e signorine cretinette con tette al vento.
Così, volutamente, viene allevata una intera generazione con il miraggio del guadagno facile e l’intontimento di una cultura ridotta a memorizzare date e nomi. (innestandosi su un insegnamento scolastico che, mai realmente sostenuto da una vera volontà di rinnovamento, getta già le basi per tale decadimento)
L’avidità e il guadagno facile, insieme a un bassissimo livello culturale e alla mancanza di una qualsiasi competenza è la base di questa corte di cui il Re si circonda.
Ne ha sapientemente appiattito l’identità riducendola, così, a un gregge di sudditi facilmente governabili perché condizionabili a proprio piacimento attraverso i media di cui è proprietario.
Ha prodotto sottocultura attraverso le sue tv (emblematica la frase di Veronica” ma nelle tue tv un programma culturale mai?’”portando a livelli sempre più bassi anche i programmi a quiz fino a licenziare anche il suddito Mike, forse perché di troppo di alto livello?
Si è costruito sapientemente attorno un regno di persone che poi facilmente saranno anche i suoi elettori.
Un paziente programma intessuto negli anni, dalla fine della contestazione ad oggi, per soddisfare la sua brama di potere.
In fondo il copione di questa farsa era già scritto dal profetico testo di Guy Debord che già alla fine degli anni 60 preannunciava i rischi della società dello spettacolo mettendo in guardia dal potere di controllo esercitato dai mezzi di comunicazione di massa.
Ma il Re ormai è nudo perché, si sa, il potere è l’illusione di una personalità ancora poco evoluta ed equilibrata che ha bisogno di questa maschera per sentirsi qualcuno e, soprattutto, per essere riconosciuto dagli altri.
E’ una maschera che si sovrappone a una inconsapevole mancanza d’identità e che spesso pesa anche su chi la indossa.
Il sesso è l’ambito principale dove gli uomini esercitano il potere sulle donne e così fa Lui. Staccatosi dall’ ormeggio di Veronica, la seconda moglie, si tuffa in un’orgia di Olgettine con l’animo del benefattore e incomincia ad andare alla deriva .
L’emancipazione femminile e la crescita di consapevolezza di molte donne (di cui Veronica è l’emblema) ha innescato una lotta feroce di cui i femminicidi sono la parte più evidente di un potere maschile che non vuole segnare il passo; ma il versante più subdolo di questa trappola in cui molte, troppe, ragazze cadono è quello di fare di tette e culo l’emblema della femminilità mettendosi così in una situazione di nuova schiavitù totalmente dipendente dello sguardo maschile.
Solo a volte il gioco per il potere si ribalta, là dove alcune donne riescono a usare il potere del sesso per assoggettare a sé gli uomini impersonificando novelle Lilith (nel film magnificamente interpretata da Kasia Smutniak).
Il potere, infatti, ha radici nella paura: si vuole soggiogare chi si teme e gli uomini hanno una paura atavica delle donne, della loro componente sensuale, dell’Eros negativo che il mito di Lilith, contrapposta a Eva, ha sempre rappresentato. (Femmina, tu si una malafemmena, tu si come una vipera….è la canzone che Lui canta al suo pubblico all’inizio del film)
Lilith incarna un femminile non realizzato, schiavo della sua componente sensuale, è l’archetipo della passione torbida, della sensualità sfrenata che può insidiare e mettere l’uomo in soggezione.
Ma il potere non si nutre solo di sesso con denigrazione della donna che torna ad essere, ancora più di prima, solo una donna oggetto; il potere si nutre anche di menzogna, bisogna solo saper essere convincenti nell’affermare le non verità.
Bellissimo il monologo in cui Lui spiega al nipote che la verità è solo la convinzione e il tono con cui si fa un’affermazione.
Nella società dello spettacolo bisogna imparare ad essere attori e, come tutti gli attori, saper indossare maschere anche al limite del ridicolo, come un novello Enrico iV .
La maschera grottesca, anche qui stupendamente indossata da Toni Servillo, molto si avvicina ail’Enrico IV di pirandelliana memoria. Ambedue, infatti, interpretano quel rapporto complesso e quasi inestricabile tra personaggio e uomo, tra finzione e verità tra vera e falsa identità.
Nemmeno il personaggio stesso, Enrico IV come Lui, alla fine forse sa se è veramente pazzo o solo si finge di esserlo.
Loro, come pecore (così inizia il film) inebetite e condizionate (il condizionatore) davanti a uno schermo che proietta ad oltranza i tipici programmi Mediaset: quiz e signorine cretinette con tette al vento.
Così, volutamente, viene allevata una intera generazione con il miraggio del guadagno facile e l’intontimento di una cultura ridotta a memorizzare date e nomi. (innestandosi su un insegnamento scolastico che, mai realmente sostenuto da una vera volontà di rinnovamento, getta già le basi per tale decadimento)
L’avidità e il guadagno facile, insieme a un bassissimo livello culturale e alla mancanza di una qualsiasi competenza è la base di questa corte di cui il Re si circonda.
Ne ha sapientemente appiattito l’identità riducendola, così, a un gregge di sudditi facilmente governabili perché condizionabili a proprio piacimento attraverso i media di cui è proprietario.
Ha prodotto sottocultura attraverso le sue tv (emblematica la frase di Veronica” ma nelle tue tv un programma culturale mai?’”portando a livelli sempre più bassi anche i programmi a quiz fino a licenziare anche il suddito Mike, forse perché di troppo di alto livello?
Si è costruito sapientemente attorno un regno di persone che poi facilmente saranno anche i suoi elettori.
Un paziente programma intessuto negli anni, dalla fine della contestazione ad oggi, per soddisfare la sua brama di potere.
In fondo il copione di questa farsa era già scritto dal profetico testo di Guy Debord che già alla fine degli anni 60 preannunciava i rischi della società dello spettacolo mettendo in guardia dal potere di controllo esercitato dai mezzi di comunicazione di massa.
Ma il Re ormai è nudo perché, si sa, il potere è l’illusione di una personalità ancora poco evoluta ed equilibrata che ha bisogno di questa maschera per sentirsi qualcuno e, soprattutto, per essere riconosciuto dagli altri.
E’ una maschera che si sovrappone a una inconsapevole mancanza d’identità e che spesso pesa anche su chi la indossa.
Il sesso è l’ambito principale dove gli uomini esercitano il potere sulle donne e così fa Lui. Staccatosi dall’ ormeggio di Veronica, la seconda moglie, si tuffa in un’orgia di Olgettine con l’animo del benefattore e incomincia ad andare alla deriva .
L’emancipazione femminile e la crescita di consapevolezza di molte donne (di cui Veronica è l’emblema) ha innescato una lotta feroce di cui i femminicidi sono la parte più evidente di un potere maschile che non vuole segnare il passo; ma il versante più subdolo di questa trappola in cui molte, troppe, ragazze cadono è quello di fare di tette e culo l’emblema della femminilità mettendosi così in una situazione di nuova schiavitù totalmente dipendente dello sguardo maschile.
Solo a volte il gioco per il potere si ribalta, là dove alcune donne riescono a usare il potere del sesso per assoggettare a sé gli uomini impersonificando novelle Lilith (nel film magnificamente interpretata da Kasia Smutniak).
Il potere, infatti, ha radici nella paura: si vuole soggiogare chi si teme e gli uomini hanno una paura atavica delle donne, della loro componente sensuale, dell’Eros negativo che il mito di Lilith, contrapposta a Eva, ha sempre rappresentato. (Femmina, tu si una malafemmena, tu si come una vipera….è la canzone che Lui canta al suo pubblico all’inizio del film)
Lilith incarna un femminile non realizzato, schiavo della sua componente sensuale, è l’archetipo della passione torbida, della sensualità sfrenata che può insidiare e mettere l’uomo in soggezione.
Ma il potere non si nutre solo di sesso con denigrazione della donna che torna ad essere, ancora più di prima, solo una donna oggetto; il potere si nutre anche di menzogna, bisogna solo saper essere convincenti nell’affermare le non verità.
Bellissimo il monologo in cui Lui spiega al nipote che la verità è solo la convinzione e il tono con cui si fa un’affermazione.
Nella società dello spettacolo bisogna imparare ad essere attori e, come tutti gli attori, saper indossare maschere anche al limite del ridicolo, come un novello Enrico iV .
La maschera grottesca, anche qui stupendamente indossata da Toni Servillo, molto si avvicina ail’Enrico IV di pirandelliana memoria. Ambedue, infatti, interpretano quel rapporto complesso e quasi inestricabile tra personaggio e uomo, tra finzione e verità tra vera e falsa identità.
Nemmeno il personaggio stesso, Enrico IV come Lui, alla fine forse sa se è veramente pazzo o solo si finge di esserlo.
Vedi nel libro "NON TI AMERO', COSI', PER SEMPRE:
Parte seconda - Cap 3: "“La guerra è sfinita: è necessario un disarmo” (in particolare pag 132)
Passi di: Paola Vidulli. “Non Ti Amero Cosi Per Sempre”. iBooks.
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